Vorrei anche io dire la mia. Sui DICO. Non posso esimermi dato che, chi più chi meno, ma ne stanno parlando tutti.
Facciamo una premessa di carattere personale che forse poi le cose si capiscono meglio: io sono sposata. Con rito cattolico per giunta.
Io e Alberto ci siamo sposati dopo 6 anni di convivenza e credo sia il caso di capire il perché e come abbiamo inteso il nostro matrimonio.
Non siamo praticanti ma ci sentiamo religiosi, sentiamo, ognuno a proprio modo e con le nostre differenze, il bisogno di credere in qualcosa oltre a noi stessi, la necessità di vedere la nostra vita come parte di un tutto. Se vogliamo chiamare questo tutto Dio a me va bene (sono molto panteistica nella mia concezione religiosa). Quando siamo andati a vivere insieme, a metà del 1998, in un certo senso stavamo fuggendo da realtà per noi diventate insostenibili, lo abbiamo fatto contro il volere di tutti, poveri in canna, con un solo stipendio e con la sicurezza che avremmo tenuto duro. I primi tempi sono stati strani e dolci, avevamo talmente tanto bisogno di vicinanza reciproca che andava bene tutto. Io mi dovevo laureare, poi è arrivata la malattia di mia suocera con tutto che che ha conseguito. Andare in ospedale, parlare con i medici, lottare perché la curassero, lottare perché non la mandassero a casa quando ormai non c’era più niente da fare. Tutto questo è stato molto molto doloroso per Alberto (tralasciando tutto quello che questa povera donna gli ha fatto passare) e molto molto stancante per entrambi. E poi abbiamo pensato di comprare casa… Insomma questo matrimonio c’era già. Da tempo. Dal momento che siamo entrati nella stessa casa eravamo una coppia. Eravamo marito e moglie. Quanto mi sono incazzata quella volta con un amica quando, parlando con il padre, disse che noi stavamo provando a vivere insieme. Io sono fatta così: se si va a vivere insieme è come essere sposati, l’impegno verso l’altro e verso se stessi è lo stesso. E allora perché non rimanere così? Ci ho pensato molto ma sentivo che mi mancava qualcosa, forse una partecipazione degli altri al mio essere coppia, forse una “benedizione”, forse una necessità di entrare il comunione con il tutto, con Dio attraverso l’amore, attraverso un rito. E allora, complice anche il fondamentale contributo economico di mio padre e l’immenso aiuto di amici, abbiamo organizzato il nostro matrimonio. Tutto fatto da noi, niente di fantasioso, niente di pacchiano, non c’erano estranei, c’erano solo i nostri amici, niente parenti lontani che si vedono solo ai matrimoni, niente del genere (e al diavolo la “tradizione”!).
E allora penso: se ci fossero stati i DICO avrei fatto diversamente? Sinceramente no. No. Mi sarei comunque sposata in chiesa con il mio bravo parroco.
Insomma io non capisco: dove cavolo sta il problema? Perché certi vertici della Chiesa, e certi politici, insistono a dire che viene minata l’istituzione del matrimonio? Perché? Non solo la motivazione mi sfugge ma questi discorsi mi fanno bollire il sangue. Perché Riuni deve arrivare a dire che scriverà un documento che impegni i politici cattolici a rifiutare il progetto di legge sui diritti di convivenza. Ma DICO?! Siamo diventati pazzi? Oppure alla CEI hanno paura che la “base” cattolica si faccia un po’ furba e si ribelli a questo involuzionismo dilagante. Ma porca miseria. Ci sono le guerre, la fame, bambini che saltano sulle mine, migliaia di persone che muoiono di malattie che da noi non si vedono più, di AIDS, i ragazzi delle nostre città vedono solo il Grande Fratello, non si interessano di quello che succede, sono disinformati, ignoranti e la CEI che fa? Critica i DICO. Se dobbiamo fare un discorso di cultura, allora non sono le proposte di legge che creano problemi ma, scusate la banalità, la televisione, il modello di vita che c’è oggi, vuoto, stupido, inutile.
Il mio matrimonio non è in pericolo se nella porta accanto vivono due donne, o due uomini, o un uomo e una donna che si vogliono bene, che si amano e che hanno deciso di vivere così. Il mio matrimonio è stabile perché io e mio marito ci amiamo, perché ci guardiamo negli occhi e ci capiamo, perché abbiamo un’intimità che non potremmo mai raggiungere con altri. Il mio matrimonio è sicuro perché è dentro che è solido. Ma mi domando: è tanto difficile da capire?
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